Progetti di ricerca e valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale

La località Campo della Fiera, alla base della rupe di Orvieto (lat. Volsinii, etr. Velzna), è stata frequentata
per oltre 20 secoli, dagli inizi del VI sec. a.C. al XVII secolo. L’eccezionale insieme di monumenti e
l’altissima qualità dei manufatti non lasciano dubbi nel riconoscervi il santuario federale degli Etruschi,
quello che i Romani chiamavano Fanum Voltumnae. Tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C. venne edificata
una domus publica collocata in posizione significativa a ridosso del santuario. Intorno al VI-VII sec. d.C. il
complesso residenziale venne trasformato in chiesa: la presenza di un luogo di culto è indiziata dalla vasta
necropoli impiantata tra le rovine dell’antico santuario, ma anche dal rinvenimento di frammenti scultorei
pertinenti a una recinzione presbiteriale (IX sec. d.C.).

Sul finire del XII o agli inizi del XIII secolo fu edificata una nuova struttura ecclesiastica che, sulla base
della documentazione d’archivio, è stato possibile identificare con la chiesa di san Pietro in vetere, di cui si
era perduta l’esatta ubicazione.

Responsabile scientifico: Danilo Leone

Il Northern Apulia Coastal Landscapes Project si propone di costruire una conoscenza non impressionistica dei paesaggi storici del comprensorio costiero della Puglia settentrionale, mediante l’avvio di un programma pluriennale di percorsi integrati e multiscalari di studio e d’indagine sul campo, volti a far luce, dalla preistoria al Basso Medioevo, su dinamiche di popolamento, forme e impatto dell’antropizzazione (sistemi insediativi, territorializzazioni, reti infrastrutturali, spazi del lavoro etc.), modalità di gestione e utilizzo delle risorse territoriali locali.

Il NACLProject è il più recente tra i progetti di ricerca delle Università di Foggia che hanno individuato nel Tavoliere costiero il proprio ambito d’intervento, a conferma dell’interesse per le dinamiche storiche di coevoluzione uomo-ambiente proprie di uno dei contesti territoriali più complessi dell’intera regione pugliese, per velocità e intensità dei processi trasformativi dei paesaggi locali.

Accanto al privilegiato punto di osservazione offerto dalle ricerche condotte o in corso negli importanti insediamenti costieri di Sipontum, Salpia vetus e Salapia-Salpi, peraltro dislocati alle opposte estremità della fascia costiera, le indagini avviate a scala territoriale offrono una vista d’insieme sul tessuto connettivo rappresentato dal comprensorio costiero, con le sue terre asciutte, le lagune e gli specchi d’acqua interni che, dal Neolitico sino alle bonifiche del recente passato, hanno offerto un patrimonio di risorse indispensabili per la vita, lo sviluppo demografico e insediativo, la pratica proficua di economie integrate.

La metodologia di ricerca adottata mira a integrare e far dialogare i “nuovi” dati provenienti da ricognizioni intensive di superficie con i legacy data e con i risultati delle indagini paleoambientali tuttora in corso nella vasta zona umida, che si estende dalle attuali Saline di Margherita di Savoia sino alle porte della città di Manfredonia.

Nonostante la ricerca abbia appena mosso i suoi primi passi, una serie di acquisizioni iniziano a illuminare un territorio “vuoto” innanzitutto per assenza di indagini sistematiche: vale la pena di menzionare l’intensa frequentazione dell’ambito endolagunare durante l’età del Bronzo e la complessa articolazione dell’immediato suburbio della città romana e medievale di Sipontum, caratterizzato dalla presenza di estese concentrazioni di frammenti di contenitori da trasporto, oltre che da una consistente quantità di indicatori di attività produttive. Il rinvenimento di numerose cave, coltivate verosimilmente già a partire dall’età romana, suggerisce inoltre l’organizzazione di un inedito e diffuso paesaggio estrattivo periurbano.

Direttore scientifico: Roberto Goffredo

Dal 2021 è in corso un progetto di ricerche a Siponto, il più importante scalo portuale della Puglia centro-settentrionale, condotto dall’Università di Foggia e dall’Università di Bari “Aldo Moro”. Fu la prima colonia maritima romana, conobbe un notevole sviluppo in età imperiale e tardoantica; fu sede di una delle più importanti diocesi paleocristiane della Puglia e sede di gastaldato in età altomedievale e continuò a essere un centro importante in età medievale fino all’abbandono decretato da Manfredi nel 1263.

Le ricerche sono finalizzate alla ricostruzione dell’intera vicenda della città, dalla fondazione fino allo spopolamento. Gli scavi, condotti finora su una superficie di circa 5.000 m2 e accompagnati da prospezioni geomagnetiche estensive e ricognizioni di superficie, hanno consentito di indagare un tratto delle mura urbiche, domus di età medievale, un nucleo del quartiere portuale con edifici di età federiciana e il settore dell’anfiteatro con le fasi di abbandono e rioccupazione con case, fosse granarie, sepolture, un edificio di culto e un cimitero.

Il progetto si propone di approfondire la conoscenza anche della storia socio-ecologica che ha interessato il comprensorio lagunare, a seguito di cambiamenti climatici, oscillazioni del livello marino, dinamiche fluviali e impatto antropico, attraverso l’integrazione di fonti materiali, cartografiche e scritte, carotaggi, analisi sedimentologiche, palinologiche, bioarcheologiche, telerilevamento, ecc.

Il progetto su Siponto intercetta anche il tema della costruzione della memoria del passato di un sito archeologico e di un pezzo di territorio e quello del senso dell’archeologia nella società contemporanea, con progetti di sviluppo locale a base culturale e di sensibilizzazione verso forme di partecipazione attiva e inclusiva della cittadinanza, attraverso il cantiere aperto, visite guidate, open day, documentari e numerose altre iniziative di divulgazione e di condivisione dei risultati delle ricerche.

Scavi condotti su concessione del Ministero della Cultura, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Barletta, Andria, Trani e Foggia e la Direzione Regionale Musei Puglia.

Direttori dello scavo e responsabili scientifici del progetto: Roberto Goffredo, Maria Turchiano (Unifg), Giuliano Volpe (Uniba).

Le indagini, condotte a partire dal 2024 dalle Università di Bari “Aldo Moro” e di Foggia, ad alcune centinaia di metri a sud del grande complesso paleocristiano costruito nel VI secolo d.C. dal vescovo Sabino, nell’immediato suburbio meridionale della città moderna di Canosa, hanno riportato alla luce una stratigrafia compresa tra il V sec. a.C. e il I secolo d.C., con uno sviluppo particolare tra il III e il II secolo a.C. Preceduta da una campagna la prima di scavi ha interessato un gruppo di ambienti le cui strutture murarie apparivano leggibili in corrispondenza del settore più meridionale dell’intero pianoro. Se le prime fasi di vita risultano ancora troppo poco nitide nella loro materialità archeologica per poter avanzare ipotesi circa articolazione e funzioni dell’insediamento, più puntuali appaiono i riscontri stratigrafici rispetto alle fasi comprese tra il III secolo a.C. e la prima metà del I sec. d.C. Le ricerche hanno individuato testimonianze riferibili a una grande abitazione aristocratica e, in corrispondenza del settore meridionale, a un imponente comparto artigianale connotato da una serie di vasche intonacate la cui funzione le future indagini dovranno meglio chiarire, se utilizzate per il lavaggio delle lane e per attività connesse con la produzione ceramica. 

L’abbandono, sancito da pratiche rituali di dismissione e di defunzionalizzazione dell’abitazione, sembra essersi compiuto in età augustea. È possibile che si sia in presenza di uno dei vari nuclei abitativi sparsi nel territorio che costituivano l’insediamento preromano di Canosa, esteso su molti ettari, secondo una caratteristica propria degli abitati maggiori dell’antica Daunia. L’istituzione del municipio e lo sviluppo in uno spazio più compatto della città romana nel corso del I secolo a.C. portò all’abbandono della collina di San Pietro come area residenziale e allo sviluppo di un ampio quartiere produttivo di tipo industriale, come documentato dalla seconda campagna di scavi. Le indagini infatti hanno consentito di indagare due fornaci rispettivamente a pianta quadrata e a pianta circolare.

A breve distanza dalle due fornaci è stato individuato un grande deposito costituito da migliaia di ceramiche deformate, malcotte e scartate dagli artigiani perché non utilizzabili, miste a distanziatori e a materiali che non recavano tracce di difetti di lavorazione e/o di cottura. I vasi individuati consentono di caratterizzare una produzione diversificata: anfore di diversa tipologia, prevalentemente a fondo piatto, piatti, coppe, oggetti di varie fogge, compresi grandi recipienti per la lavorazione dei formaggi, e, infine, una grande quantità di lucerne per l’illuminazione, “a doppia voluta e a becco triangolare”, con un notevole campionario di raffigurazioni. L’insieme di tali materiali sembra collocarsi tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., ed in particolare nell’età di Augusto.

Lo scavo rappresenta solo una parte di un intervento più ampio di conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione dell’area archeologica di Siponto, condotto anche secondo i principi dell’archeologia pubblica, con il pieno coinvolgimento della comunità locale, del mondo delle imprese, dell’associazionismo, della cultura e della scuola e con iniziative di divulgazione e di condivisione dei risultati delle ricerche.

Scavi condotti su concessione del Ministero della Cultura, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Barletta, Andria, Trani e Foggia e la Fondazione Archeologica Canosina.

Direttori dello scavo e responsabili scientifici del progetto: Maria Turchiano (Unifg), Giuliano Volpe, Giovanni De Venuto (Uniba).

 

Campagne di scavo 2023-2025

L’Università di Foggia in collaborazione con l’Università di Bari e del Parco Archeologico – Antiquarium di Canne della Battaglia ha condotto in regime di concessione ministeriale una campagna di scavo archeologico sul sito di Canne della Battaglia. Il cantiere si è configurato anche come opportunità didattica per studenti del corso di laurea triennale in Patrimonio e Turismo Culturale. Magistrale interteneo UniBA-Unifg in archeologia e della Scuola, di Specializzazione Interateneo in Beni Archeologici.

Lo scavo ha raggiunto importanti risultati scientifici sull’evoluzione insediativa del sito di Canne da età antica al Tardomedioevo.

Responsabile scientifico: Pasquale Favia

 

La missione a Lemno (Grecia) del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia è attiva nel sito di Hephaistia (Efestia) dal 2017. Le ricerche si svolgono in collaborazione con la Scuola Archeologica Italiana di Atene (SAIA, concessionaria degli scavi a Lemno dal 1926), che ha affidato le ricerche al DISTUM sulla base di una convenzione, e sulla base del programma concordato tra la SAIA e il Ministero della Cultura della Repubblica Ellenica, per il tramite della competente Eforia alle Antichità di Lesbo. 

La missione gode del sostegno del Ministero italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Essa opera con l’obiettivo di esplorare l’acropoli arcaica di Hephaistia, completando lo scavo stratigrafico del santuario di VII-VI sec. a.C., dopo le parziali indagini italiane del 1929-1930 e 1978-1984, documentando le strutture, studiando i reperti delle nuove e vecchie indagini, i taccuini, le planimetrie e le foto d’archivio, per giungere all’edizione dello scavo. 

Il santuario era dedicato alla Grande Dea tutelare dell’isola e ha restituito, tra i numerosi reperti, statue in terracotta di Sirene, che vi erano dedicate. Le nuove ricerche consentono di acquisire nuove informazioni sulla storia e l’archeologia del sito dalle prime tracce dell’abitato all’abbandono (XI sec. a.C.-III sec. d.C.). 

Responsabile scientifico: Riccardo Di Cesare

Il piccolo allestimento museale nasce dalle esigenze di una comunità che ha voluto ricostruire la propria storia e la propria identità attraverso il lungo processo di trasformazione del suo territorio e del paesaggio con la consapevolezza che la storia dei luoghi è il frutto del vivere e dell’agire umano. 

La realizzazione di questo progetto è il frutto della felice collaborazione tra l’Università di Foggia, e nello specifico il Dipartimento di Studi Umanistici, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di BAT e FG e il Comune di Casalnuovo Monterotaro. L’obiettivo finale è stato costruire un racconto storico archeologico nel quale i protagonisti sono i paesaggi, intesi come grandi contenitori del divenire e del rapporto dell’uomo con essi. 

Si è voluto raccontare la storia di Casalnuovo Monterotaro attraverso alcuni oggetti rappresentativi dei momenti più significativi dell’evoluzione insediativa, ma anche attraverso il modo di vivere ed abitare il territorio. Una narrazione, che inizia dalla Preistoria, si snoda nelle altre principali fasi di occupazione, quella dei Dauni e Sanniti, quella romana e infine quella medievale. Il percorso prosegue fino ai nostri giorni e accompagna il visitatore nella vita quotidiana degli abitanti di questa terra con l’esposizione degli oggetti dell’arte contadina. 

Ma indubbiamente si è anche voluto presentare il lungo lavoro rivolto alla ricerca archeologica. Infatti l’allestimento museale si ricollega al Progetto (Ager Lucerinus) di ricognizione topografica per la realizzazione delle Carte Archeologiche. Queste carte che hanno richiesto tanti anni di indagini sono state il punto di partenza del nostro lavoro, e costituiscono una base per la tutela del territorio, infatti il Comune di Casalnuovo Monterotaro ha utilizzato le Carte archeologiche per la programmazione del PUG.

Direttrice scientifica: Maria Luisa Marchi.

Storie  di Paesaggi Ritrovati

Il Progetto Ager Lucerinus-Montecorvino nasce nel 2006, in collaborazione tra il Laboratorio di Cartografia dell’Università di Foggia, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di BAT e FG  e il comune di Pietramontecorvino, allargatosi nel corso degli anni alle altre comunità limitrofe tutti  hanno stipulato con l’Università Protocolli d’intensa (finora sono stati indagati i comprensori dei comuni di Motta Montecorvino, Volturino, Casalnuovo Monterotaro, Castelnuovo della Daunia, Casalvecchio di Puglia, Carlantino, Biccari, Roseto Valfortore, Celenza Valfortore e Lucera tutti in provincia di Foggia).

L’intento principale è stato quello di ricostruire la storia dei paesaggi della Daunia in tutte le fasi di occupazione, partendo dal presupposto che uno degli strumenti più efficaci per la salvaguardia e la tutela del territorio risiede nella sua conoscenza e nella consapevolezza che solo attraverso la ricostruzione storica e ambientale dei paesaggi antichi si può giungere ad una pianificazione mirata e ragionata del paesaggio attuale indispensabile per progettare quello del futuro.

Punto focale della ricerca è stato da sempre il territorio dell’antica colonia latina di Luceria, colonia del 314 a.C., che si estendeva fino alle propaggini collinari e pedemontane dei monti dauni in una porzione territoriale compresa tra la Valle del Fortore e il Tavoliere.

Il progetto ha come base una indagine di survey archeologico, ovvero l’ispezione autoptica ed integrale dell’intero comprensorio e ha come obiettivo la ricostruzione del popolamento dalla Preistoria al Medioevo, negli ultimi anni un aspetto e un’attenzione particolare della ricerca ha riguardato anche il censimento dell’immenso patrimonio costituito da masserie e fabbricati storici, testimonianze del vivace e  altresì complicato palinsesto stratigrafico che questi luoghi offrono.

   L’obiettivo principale è costituito dalla realizzazione della carta archeologica che è fondamento di ogni elaborazione storico-archeologica e culturale di un territorio. Un ulteriore scopo è quello di offrire un valido strumento alla Soprintendenza per il controllo e la tutela dell’intero comparto: infatti, le carte archeologiche elaborate per il progetto costituiscono una base per la mappatura in chiave di salvaguardia di quest’area. Infine, non da ultimo, la restituzione della storia, attraverso micro storie, e quindi dell’identità culturale degli attuali abitanti di questi luoghi. 

Principali attività condotte durante le campagne: ricognizione topografica; creazione GIS dedicato; raccolta georeferenziazione e lettura delle foto aeree; recupero e cartografie storiche; processamento dei dati: schede sito, schede Ut, schede TMA, divisione in fasi cronologiche; studio dei materiali; attività divulgativa.

Direttrice scientifica: Maria Luisa Marchi.

La via Appia è stata da sempre oggetto di studio e ricerche, ma recentemente l’interesse per la Regina Viarum si è molto accresciuto in seguito all’avvio del Progetto Appia Regina Viarum, voluto dal MiC e alla successiva procedura dell’Iter di Candidatura della via per l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Il Progetto Appia Antica nasce sulla scia di questi progetti per andare a colmare quei vuoti nella ricostruzione del percorso della via consolare in area apulo-lucana. 

Le indagini condotte in quest’area hanno permesso di restituire l’intero itinerario dal Pons Aufidi, cioè il passaggio sull’Ofanto, a  Venosa  e infine a Silvium (Gravina), interessando un cospicuo numero di comuni delle due regioni (Rocchetta Sant’Antonio (Fg), Melfi, Rapolla, Venosa, Palazzo San Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania (Pz), Gravina in Puglia (BA).

Tra 2020 e il 2024 infatti alcuni enti locali sollecitati dai progetti del MIC hanno voluto essere protagonisti delle ricerche nei territori di propria competenza coinvolgendo l’ Università di Foggia, Dipartimento di Studi Umanistici, attraverso protocolli di intesa stipulati tra i Comuni e l’Università e in collaborazione con le Soprintendenze ABAP di Basilicata e dell’area metropolitana di Bari,  in particolare i comuni di Melfi e Gravina hanno finanziato le indagini. 

    Invece nell’ambito delle attività promosse dal MiC, si inserisce il contratto di ricerca commissionata dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia (SABAP BAT FG) al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia (Laboratori di Cartografia e di Metodologie e tecnologie per l’archeologia prof. Marchi e Leone), che ha avuto per oggetto “l’esecuzione di attività di ricerca sul Tracciato dell’Appia Antica nel comune di Rocchetta Sant’Antonio”, e che ha permesso di riportare in luce un breve tratto della strada antica in prossimità del Ponte sull’Ofanto. Un protocollo d’intesa è stato stipulato anche con il Comune di Rocchetta Sant’Antonio per agevolare le ricerche.

Le indagini condotte dall’Università hanno permesso, attraverso ricognizioni topografiche, lettura delle tracce da fotografia aerea, indagini geofisiche e scavi archeologici mirati, di restituire alla percorribilità l’itinerario dal Ponte sull’Ofanto a Gravina di Puglia e di indviduare attraverso saggi archeologici vari tratti della via glareata presso il Ponte Santa Venere a Rocchetta Sant’Antonio, in località Sanzanello presso Venosa e tra Palazzo San Gervasio e Banzi.

Responsabile scientifico:  Maria Luisa Marchi.